In Giappone l’acquisizione e la perdita della cittadinanza sono regolate dalla Nationality Law (国籍法kokusekihō), tale legge, entrata in vigore nel 1889, è stata emendata più volte.
Il tema della cittadinanza è particolarmente controverso, se si prende in considerazione il mito dell’omogeneità giapponese, la tendenza a considerare la razza giapponese come unica e esclusiva, concezione che tende a scontrarsi sia con l’art.14 che sancisce l’eguaglianza fra le razze sia coi processi di globalizzazione che hanno favorito l’immigrazione e l’incremento delle coppie miste.
Sul piano politico e giuridico si deve poi considerare l’impatto con l’ingresso di soggetti esterni portatori di valori in parte differenti da quelli nazionali e l’onere sostenuto dallo stato per garantire ai “nuovi” cittadini una serie di prestazioni sociali e la possibilità partecipare alle elezioni attivamente.
Costituzione e Nationality Law
L’articolo 10 della costituzione stabilisce che:
Le condizioni necessarie per essere un cittadino giapponese sono determinate per legge
La Costituzione rimanda, cioè, alla legge n.147 del 4 maggio del 1950, la cosiddetta Nationality Law, per conoscere le condizioni necessarie per definirsi cittadino giapponese.
Emendamenti e storia della Nationality Law
La Nationality Law nasce in seguito all’emendamento della legge n.66 del 1899. I maggiori cambiamenti alla legge sulla cittadinanza giapponese sono stati apportati nel 1950 e nel 1984. Si possono quindi individuare tre fasi:
Vecchia legge 1899: si basa sullo ius sanguinis e in alcuni casi sullo is soli;
Legge vecchia 1950: elimina la norma che precludeva l’accesso ad alcune cariche ai cittadini naturalizzati;
Nuova legge 1984: prevede la parità fra sessi eliminando la differenza fra linea materna e paterna.
Legge sulla cittadinanza 1899
A partire dal 1899 la legge sulla cittadinanza era in primo luogo basata sullo ius sanguinis, era concessa la cittadinanza a coloro che avevano relazioni di sangue con cittadini giapponesi, lo ius soli era applicabile solo ai figli di apolidi o di genitori sconosciuti nati sul suolo giapponese.
I casi in cui poteva essere assegnata la cittadinanza giapponese poteva essere attribuita
a una donna che sposava un cittadino giapponese;
a un uomo che diveniva marito adottivo di un cittadina giapponese;
a un figlio/a che veniva riconosciuto da un genitore giapponese;
a un figlio adottivo di un cittadino nipponico;
tramite naturalizzazione.
Legge sulla cittadinanza 1950
Con l’emendamento del 1950 fu eliminata la possibilità per un marito straniero di una cittadina giapponese di acquisire la cittadinanza senza la naturalizzazione.
Altra modifica è lo sbilanciamento verso la linea paterna, infatti mentre i figli di padre giapponese acquisivano automaticamente la cittadinanza se nati all’interno del vincolo matrimoniale, nel caso di madre giapponese la cittadinanza veniva trasmessa solo in caso di padre ignoto o apolide.
Legge sulla cittadinanza 1984
L’emendamento del 1984 ha eliminato la distinzione fra linea materna e paterna mantenendo però una diversificazione fra figli nati sotto il vincolo matrimoniale e figli nati fuori da esso. Nel secondo caso per ottenere la cittadinanza il padre deve riconoscere il figlio prima della nascita, se ciò non avviene la cittadinanza viene concessa al bambino non dalla nascita ma in seguito alla naturalizzazione.
Questa diversificazione è stata considerata discriminante dalla Corte Suprema e anche incostituzionale in quanto violerebbe l’articolo 14 della Costituzione che proibisce la discriminazione.